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IL COMMENTO

Se fra i rimpianti di Allegri e le “streghe” viste da Conte spuntano un'Inter show e una piccola-grande Roma

Prima di Juventus-Milan, abbiamo archiviato alcuni appunti che possono essere utili per tutta la stagione

Alfredo Pedullà

06 Ottobre 2025, 00:39

06 Ottobre 2025, 00:44

Se fra i rimpianti di Allegri e le “streghe” viste da Conte spuntano un Inter show e una piccola-grande Roma

Juventus-Milan non è un inno al calcio: primo tempo che definirlo bruttino è un eufemismo, il pareggio sarebbe una logica conseguenza se nella ripresa i rimpianti non fossero un’esclusiva rossonera. Il rigore sbagliato da Pulisic, due grandi occasioni per Leao salito sul treno in corsa, un maggiore e migliore controllo del Milan che ha memorizzato il teorema di Allegri con una difesa imperforabile o quasi e la ricerca delle occasioni vaganti. Il concetto è semplice: Maignan trascorre una serata quasi da spettatore non pagante, esclusa la paratissima su Gatti.

La Juventus ha poco da David, ribadisce grossi problemi in fase di impostazione, costruisce soltanto dal lato di Conceicao mentre Yildiz vive una serata anonima, stranamente impalpabile. Tudor passa al 3-5-2 convocando Vlahovic e Openda, rivisitando il modulo, ma il problema non lo risolvi se la costruzione diventa anonima e ci si affida solo ai lampi dei singoli.

Ecco perché Allegri torna a casa con un pacco di rimpianti, non per aver perso il comando della classifica - la strada è lunga - ma per quel punticino troppo stretto se pensiamo ai famosi episodi.

Prima di Juventus-Milan, abbiamo archiviato alcuni appunti che possono essere utili per tutta la stagione. Il Napoli vede piccole streghe, ma poi ribalta il Genoa con l’usato sicuro (Anguissa) e un attaccante (Hojlund) che già possiamo inserire nella categoria “acquisti azzeccati”. La nuova Inter targata Chivu è un incanto, verticalizza al primo respiro, gioca un calcio vero è spettacolare, se avesse segnato cinque gol nel primo tempo nessuno si sarebbe scandalizzato. Le rotazioni un po’ per volta, dando ai nuovi il tempo di inserirsi, ma Akanji si esibisce come se fosse nerazzurro da tre o quattro anni. Chivu vuole manovra avvolgente e concretezza, le due sconfitte contro Udinese e Juventus appartengono alla notte dei tempi, il filotto di cinque vittorie tra campionato e Champions trasmette all’Inter la consapevolezza - non certo una sorpresa - di essere un’autorevole candidata allo scudetto. Certo, sarebbe stato sorprendente il contrario, ma quando traslochi da un allenatore a un altro qualche domanda te la poni, invece l’apprendistato è alle spalle.

E poi c’è una chiave di lettura enorme: se passi da Correa-Arnautovic-Taremi a Pio Esposito-Bonny significa che hai una cassaforte piena di gioielli e non di semplice bigiotteria. Bonny si è preso l’Inter con la personalità dell’attaccante che sa fare tutto, segna e gioca per la squadra (tre assist in un colpo solo). Pio è una pepita luccicante, diamogli tempo per dimostrarlo.

Chi non ha una straordinaria batteria di attaccanti, è Gian Piero Gasperini che deve scegliere tra Dovbyk e Ferguson, prega perché Dybala stia sempre bene, nel frattempo blinda la difesa (appena due gol incassati in campionato) e capitalizza l’indiscutibile talento di Soulé. La Roma ne ha vinte cinque su sei, va alla sosta con il primato sotto il cuscino, si aggrappa a un allenatore che sa fare il sarto adattandosi alla stoffa che ha. Sarebbe stato giusto accontentarlo, eventualmente si può riparare a gennaio, ma nel frattempo conviene sempre più seguire la scia di Gasp, rendimento assicurato.