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Manovra, valanga di emendamenti al Senato: il dossier si fa più pesante prima del traguardo

Numeri record e conti da chiudere in fretta: cosa c’è dietro i 5.500 (e oltre) emendamenti alla Legge di Bilancio

Alfredo Zermo

14 Novembre 2025, 16:40

Manovra, valanga di emendamenti al Senato: il dossier si fa più pesante prima del traguardo

Una cartellina blu, spessa oltre il normale, scivola sul tavolo della Commissione Bilancio del Senato. Il fascicolo non si chiude: dalle buste trasparenti affiorano post-it, tabelle, “bozze 2.1”. Dentro, il cuore della Legge di Bilancio 2026 e una cifra che stride con qualsiasi idea di snellezza: oltre 5.500 emendamenti. Al di là della scena, c’è la sostanza di un passaggio parlamentare decisivo, intenso, in cui la politica misura forza, coesione e priorità sul terreno più concreto: quello delle risorse. E dietro l’angolo, già fissata, la data che separa il rumore di fondo dall’essenziale: martedì 18 novembre, quando i gruppi dovranno consegnare i “segnalati”, appena 414 in tutto, la lista corta delle modifiche su cui giocarsi davvero la partita.

I numeri: maggioranza a quota 1.600, opposizioni a 3.800. La fotografia completa

Secondo la ricognizione convergente di più testate, in Commissione Bilancio del Senato sono stati depositati complessivamente circa 5.500 emendamenti. La maggioranza si ferma a circa 1.600: Forza Italia presenta 677 proposte, Fratelli d’Italia circa 500, la Lega 399, Noi Moderati 62. Le opposizioni mettono sul tavolo circa 3.800 interventi: il Movimento 5 Stelle ne deposita 1.671, il Partito Democratico 1.160, Alleanza Verdi e Sinistra 533, Italia Viva 354, Azione 96. È la prima, plastica mappa dei rapporti di forza e delle priorità tematiche che animeranno la scrematura.

Su un punto, tuttavia, i numeri si allungano: in una nota richiamata dalla stampa, il presidente della Commissione Bilancio, il senatore di Fratelli d’Italia Nicola Calandrini, parla di 5.742 emendamenti complessivi e scandisce il calendario: “martedì” il deposito dei circa 400 “segnalati” e l’avvio dell’esame. Una stima più puntuale, che non smentisce ma dettaglia il perimetro dell’“oltre 5.500” diffuso in prima battuta. Per i lavori parlamentari, sono differenze che contano: cento emendamenti in più o in meno fanno la differenza nella tenuta del cronoprogramma.

Cosa sono i “segnalati” e perché 414 è un numero chiave

La soglia dei 414 “segnalati” non è casuale: è il tetto definito in Commissione per comprimere l’agenda su un pacchetto ristretto di interventi, distribuiti tra i gruppi con pesi differenziati. Il riparto, secondo Radiocor-Il Sole 24 Ore, assegna a Fratelli d’Italia 123 segnalazioni, al Partito Democratico 70, alla Lega 57, al Movimento 5 Stelle 51, a Forza Italia 39, mentre Misto, Cd’I–Noi Moderati e Italia Viva si fermano a 19 ciascuno, e le Autonomie a 17. È un imbuto studiato per evitare l’ingorgo e facilitare i compromessi: qui si vede quali richieste la politica decide di “mettere la faccia” per provare a farle entrare nel testo.

Un calendario serrato: dall’incardinamento alla fiducia in Aula

Il percorso non ammette pause. Dopo l’incardinamento del disegno di legge nella 5ª Commissione Bilancio del Senato e le audizioni, il termine per presentare gli emendamenti è stato fissato a venerdì 14 novembre (ore 10), mentre i “segnalati” vanno indicati entro martedì 18: il giorno in cui, salvo imprevisti, scatta l’illustrazione e l’esame. L’obiettivo dichiarato: voto dell’Aula di Palazzo Madama intorno a metà dicembre (settimana del 15 dicembre), poi trasmissione alla Camera per l’ok definitivo entro il 31 dicembre 2025, così da evitare l’esercizio provvisorio ed assicurare l’entrata in vigore il 1° gennaio 2026. È il copione delle ultime manovre, con tempi sempre più compressi e un sostanziale “monocameralismo di fatto” nella fase conclusiva.

Di cosa parlano (davvero) gli emendamenti: dai nodi fiscali alle pensioni, fino agli affitti brevi

Le migliaia di proposte non hanno tutte lo stesso peso. Dai dossier e dalle anticipazioni emerge una costellazione di “nodi” attesi al confronto: la rimodulazione della cedolare secca sugli affitti brevi (si discute dell’aliquota al 26%), eventuali correttivi sul capitolo pensioni (in particolare l’ipotesi di estendere la platea protetta dal congelamento dell’innalzamento dell’età dal 2027), la tassazione dei dividendi, fino alle regole sui pagamenti della Pubblica Amministrazione ai lavoratori autonomi subordinati alla verifica di regolarità fiscale e contributiva, una misura giudicata da alcuni “discriminatoria”. Su un binario parallelo, le opposizioni mettono in vetrina proposte “a costo zero”: salario minimo per contrastare la contrattazione “pirata”, semplificazioni per la ZES unica, strumenti per ridurre il costo dell’energia alle PMI con contratti di lungo periodo. È il materiale su cui si scriveranno gli equilibri politici dei prossimi giorni.

Le parole che pesano: botta e risposta tra maggioranza e opposizioni

Nel frastuono dei numeri, il linguaggio resta tagliente. Il senatore Antonio Misiani (PD), responsabile Economia, rimarca la metamorfosi della maggioranza: da “zero emendamenti” due anni fa a 1.600 oggi, un cambio di linea che, nel suo giudizio, contraddice la narrazione della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e del Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sulla presunta “serietà ed equilibrio” della manovra. Dall’altra parte, la Presidenza della Commissione Bilancio – con Nicola Calandrini – sottolinea un clima “approfondito e costruttivo” nella discussione generale, quasi a rivendicare una gestione ordinata del cantiere. Due sguardi diversissimi sulla stessa fotografia.

Cosa c’è dentro la Manovra: dimensione delle risorse e capitoli sensibili

Al di là della contabilità emendativa, la cornice economica è data. Il Disegno di legge di Bilancio 2026 (A.S. 1689) è stato presentato al Senato il 22 ottobre 2025 e assegnato alla Commissione Bilancio il 30 ottobre. Il perimetro finanziario, secondo le sintesi circolate in sede di presentazione, vale circa 18 miliardi di interventi medi annui, con un focus sui rifinanziamenti della sanità e risorse aggiuntive stimate in 2,4 miliardi nel 2026 e 2,65 miliardi dal 2027. Numeri che aiutano a capire perché molte proposte mettano nel mirino i capitoli più capienti o quelli più sensibili socialmente.

Sul piano istituzionale, il MEF ha formalizzato l’avvio dell’iter, ricordando che il testo contiene le previsioni di entrata e spesa per il triennio 2026-2028 e che, dopo il passaggio al Senato, approderà alla Camera per la seconda lettura: una traiettoria che impone scelte rapide e selettive.

Audizioni, segnali e criticità: il “giudizio” degli stakeholder

Le audizioni preliminari hanno fornito le prime reazioni “qualificate”. Tra le voci ascoltate, quella dell’ASviS (Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile) ha apprezzato la prudenza sui conti, ma ha lamentato l’assenza di una “visione di sviluppo sostenibile” chiara e coerente. È una critica ricorrente nelle ultime stagioni di bilancio: attenzione al breve periodo, poca trazione sulle leve di medio-lungo periodo, soprattutto nel dopo-PNRR. Per i legislatori, il monito è chiaro: limitarsi a ritocchi senza rotta rischia di produrre una navigazione a vista.

Come funziona (davvero) la scrematura: tecnica, politica e tempi

La distinzione tra emendamenti “tutti” e “segnalati” è cruciale. I 5.500+ testi depositati servono, anche, a marcare un perimetro politico e negoziale. Ma solo i 414 selezionati entreranno sulla corsia di sorpasso. Il meccanismo è semplice (e durissimo): ciascun gruppo ha un plafond numerico, distribuisce quel credito tra proposte bandiera e aggiustamenti tecnici, cerca convergenze trasversali per evitare veti. La presidenza della Commissione e i relatori filtrano l’ammissibilità, il Governo dà i pareri, si costruiscono “pacchetti” di riformulazioni. Più un gruppo è abile a concentrare richieste realistiche, più chance ha di portare a casa risultati. In caso contrario, l’emendamento che resta fuori dalla lista rischia l’oblio. La ratio è dichiarata: con una scadenza inderogabile al 31 dicembre, la discrezionalità politica si traduce in gestione del tempo.

Le priorità di spesa e il margine fiscale: dove passerà il coltello

Con un saldo disponibile non illimitato, la rosa dei segnalati tenderà a convergere su dossier ad alta visibilità o su micro-correttivi richiesti da territori e categorie. Alcuni capitoli probabili:

  • rinnovo o calibrazione del taglio del cuneo fiscale e verifiche sull’assetto IRPEF a scaglioni, sempre oggetto di fine-tuning in fase emendativa;
  • ritocchi su sanità e liste d’attesa, con micro-finanziamenti vincolati;
  • disciplina degli affitti brevi e della cedolare secca al 26%, dove si misura la tensione tra gettito e mercato turistico;
  • aggiustamenti su pensioni e flessibilità in uscita, spinta dalle platee più esposte all’innalzamento dell’età dal 2027;
  • correttivi su pagamenti PA ai professionisti, per evitare effetti distorsivi.

Queste piste emergono con chiarezza dall’agenda pubblica e dagli articoli di approfondimento che accompagnano l’iter.

La politica dei numeri: coesione di maggioranza, identità di opposizione

Il conteggio degli emendamenti, quasi un “indice di temperatura”, dice due cose. Primo: la maggioranza non rinuncia a marcare il testo con 1.600 proposte proprie, a dispetto del rischio di apparire meno “monolitica” di quanto racconti la retorica della compattezza. Secondo: le opposizioni si presentano con una batteria di 3.800 emendamenti che mescolano bandiere identitarie e richieste molto tecniche. Il giudizio di Misiani – duro nei toni – va letto dentro questo schema: il passaggio dagli “zero” emendamenti rivendicati in passato al migliaio e oltre di oggi segnala una maggioranza più “parlamentare”, meno verticale. Il contraltare è che, a fine corsa, l’accordo dentro la coalizione al Governo farà filtro sui davvero “accoglibili”.

Un lessico da tenere a mente

  • Segnalati: la short list di 414 emendamenti che ciascun gruppo indica come prioritari. Sono quelli su cui si concentra l’esame e dove si giocano i compromessi.
  • Riformulazione: la riscrittura, spesso proposta dal Governo o dai relatori, che consente di salvare l’obiettivo politico dell’emendamento temperandone l’impatto finanziario.
  • Inammissibilità: il “cartellino rosso” tecnico (per estraneità di materia, carenza di copertura, ecc.) che può tagliare fuori proposte anche politicamente rilevanti.
  • Fondo pluriennale vincolato, clausole di salvaguardia, oneri e coperture: la grammatica con cui si flirta o si sbatte.

Sono parole chiave che aiutano a decifrare i comunicati delle prossime ore, quando il numero scenderà da “migliaia” a “centinaia” e poi a “decine”.

L’equilibrio con l’Europa e i vincoli del dopo-PNRR

Il contesto macro non è neutro. La manovra si muove dentro un quadro europeo di rientro ordinato dei conti, con margini di flessibilità limitati e la necessità di dimostrare capacità di crescita nel post-PNRR. Le audizioni hanno mostrato sensibilità diverse: c’è chi, come ASviS, chiede coerenza con gli SDGs, chi sollecita più spinta sugli investimenti, chi teme la dispersione delle risorse in una miriade di micro-interventi. La scrematura dei segnalati sarà il primo banco di prova per capire se prevarrà la logica del “poco per tutti” o quella del “poco ma mirato”.

Timeline: le prossime 4 scadenze che contano

  • 18 novembre: deposito degli emendamenti segnalati (414 in tutto), avvio dell’illustrazione ed esame. È lo snodo che separa la massa critica dalla selezione chirurgica.
  • Settimana del 15 dicembre: obiettivo voto finale dell’Aula del Senato sul testo emendato, con possibile voto di fiducia per rispettare i tempi.
  • Ultima decade di dicembre: passaggio alla Camera, verosimilmente “blindato”, con margini ridotti per modifiche sostanziali.
  • 31 dicembre 2025: termine ultimo per l’approvazione definitiva, pena l’esercizio provvisorio.

Un cantiere aperto fino all’ultimo: cosa osservare nei prossimi giorni

  • La “lista corta” dei 414 dirà molto delle gerarchie interne ai partiti: quali proposte fanno breccia tra maggioranza e opposizioni, dove si disegna la zona d’incontro.
  • I pareri del Governo – e in particolare del MEF guidato da Giancarlo Giorgetti – fungeranno da semaforo: favorevole, contrario, invito al ritiro o riformulazione. In controluce, la misura del margine fiscale.
  • La tenuta del calendario: se l’esame dei segnalati scivola, l’Aula può ritrovarsi costretta a un corridoio strettissimo e a un uso più ampio della fiducia.
  • L’eventuale convergenza su nodi simbolici – affitti brevi, pensioni, dividendi – sarà cartina di tornasole delle priorità prevalenti nel Paese reale.

L’ultima riga (provvisoria)

Nel lessico di bilancio, le cifre raramente sono “solo numeri”. Quel 5.500 (o 5.742) racconta l’ansia di mettere bandierine, ma anche la ricerca di soluzioni pratiche. La politica dei “segnalati” è la traduzione di un vincolo: pochi interventi, ma buoni. In un autunno di conti prudenti, la differenza tra un emendamento che entra e uno che sfuma non è retorica: può pesare sul cuneo di una busta paga, sul costo dell’energia di una PMI, sulle chance di trasformare la ZES in un acceleratore e non in un acronimo. A ricordarci che, in manovra, il tempo non è solo calendario: è la misura del coraggio politico di scegliere