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lo scandalo tangenti

Schifani medita la "decuffarizzazione" della Regione: ipotesi la rimozione della Albano ma c'è anche l’idea estrema di mettere fuori la Dc dal governo

La crisi dopo l'inchiesta della Procura di palermo, oggi in giunta la scelta del governatore: verso la rottura con il leader democristiano

Mario Barresi, Accursio Sabella

10 Novembre 2025, 07:00

10:52

Schifani pronto a rimuovere Albano ma c'è anche l’idea estrema: Dc fuori dal governo

Il tempo della riflessione è scaduto. Renato Schifani ha avuto anche la notte appena trascorsa, tormentata come tutte le ultime, per dare forma alla «rigorosa attenzione» filtrata nelle ultime ore rispetto all’inchiesta di Palermo. E oggi scioglierà la riserva, nella seduta di giunta (ha chiesto agli assessori di «esserci tutti di persona») con all’ordine del giorno «comunicazioni del presidente della Regione». Con due scenari possibili circa il rapporto politico con Totò Cuffaro.

Il primo è la rimozione di Nuccia Albano, titolare dell’assessorato alla Famiglia, ritenuto quello «più inquinato» rispetto ai fatti emersi dalle carte. Decine di intercettazioni raccontano come la presenza del leader della Dc in quegli uffici sia ben più che immanente. La dirigente generale Letizia Di Liberti, accusata dai pm per le soffiate sui bandi a Cuffaro, è stata già sospesa dall’incarico. E adesso toccherebbe ad Albano, più volte citata nelle intercettazioni ma non indagata, per completare la “decuffarizzazione” dell’assessorato.

Il secondo scenario è più estremo, ma non per questo meno probabile. Oggi Schifani, infatti, potrebbe revocare anche le deleghe di Andrea Messina (Autonomie locali), cacciando di fatto la Dc dal governo. Su questa ipotesi c’è chi è più prudente: significherebbe la rottura con Cuffaro. Un modo per «rispondere con forza all’opinione pubblica», ma col rischio di perdere un pezzo importante di una maggioranza già zoppicante all’Ars. C’è chi ipotizza già un appoggio esterno dei cinque deputati (compreso il capogruppo Carmelo Pace, sul quale, come per Cuffaro, pende la richiesta di arresti domiciliari), in attesa delle evoluzioni dell’inchiesta. Sarebbero ancor più «gradite», magari dopo un incontro ipotizzato per questa mattina, le dimissioni di Albano e Messina, che, secondo fonti del partito, «in questo momento non sono in programma». Tanto più che non sembra ci siano stati contatti fra Cuffaro e Schifani. «Inorridito e umanamente deluso» (così lo descrivono i suoi) dopo la lettura dei giudizi espressi dallo stesso leader della Dc e da Saverio Romano in un colloquio intercettato.

In entrambi i casi, però, Schifani è deciso a tenere per sé l’interim. Fosse per un solo assessorato o per entrambi. Il che è un rifiuto implicito alla proposta di azzeramento della giunta che Raffaele Lombardo gli ha recapitato con l’intervista di ieri a La Sicilia. «Non mi faccio tirare per la giacchetta, le carte continuo a darle io», lo sfogo del governatore con i fedelissimi. Che sussurrano del gelo con il leader autonomista. «Non si sentivano da tempo, poi Raffaele ha chiamato Marcello Caruso per fare arrivare la sua “vicinanza in questo momento difficile” al presidente e lui - raccontano - ha alzato il telefono e ha chiamato Lombardo, che ora prova a speculare sulla crisi».

Eppure l’idea del patron dell’Mpa convince anche altre anime del centrodestra. «Lombardo ha rilasciato un’intervista lucida e competente», commenta ad esempio Tommaso Calderone, presidente della commissione bicamerale per l'insularità ed esponente dell’area di Forza Italia vicina alle posizioni del vicepresidente della Camera Giorgio Mulè e dell'eurodeputato Marco Falcone. «Uno tsunami del genere - aggiunge Calderone - non può essere liquidato con un’ipocrita sostituzione dei più deboli della catena di trasmissione. Non entro nel merito dei procedimenti, ma non siamo in presenza di fatti di ordinaria politica che si possono risolvere in maniera ordinaria». Ed è una lettura che si ritrova nei commenti a “taccuino chiuso” di più di un esponente della maggioranza: la scelta di sospendere i dirigenti era apparsa fin da subito «troppo blanda», rispetto alla valanga che si era staccata dalla Procura di Palermo.

Ma l'azzeramento indicato da Lombardo potrebbe «gettare il bambino con l'acqua sporca», dice il commissario di Fratelli d'Italia in Sicilia, Luca Sbardella, pescando nella più classica delle metafore. «Non ha senso - scandisce - che vengano “puniti” assessori che hanno lavorato bene. Bisogna andare a vedere caso per caso e procedere con interventi mirati». Certo, anche FdI, se il “repulisti” fosse più radicale, avrebbe qualche timore sulla sopravvivenza di Elvira Amata (indagata per corruzione a Palermo) in giunta. «Anche i meloniani hanno i loro problemi», ricorda un deputato vicino a Schifani. Che non sembra però orientato a portare alle estreme conseguenze il ragionamento sulla questione morale, anche perché rischierebbe di trascinare dentro anche il leghista Luca Sammartino (imputato in un paio di processi per corruzione elettorale a Catania), unico alleato di cui Schifani, dopo il caso Cuffaro, si fida davvero. Di sicuro, è avvertita un po' ovunque l'esigenza di un intervento che dia il senso della rottura con gli usi e i costumi emersi dall'inchiesta. Il più quotato, è un rimescolamento della giunta, senza per forza trasformare il governo in una compagine tecnica. Politici, insomma, per puntellare ogni pezzo della maggioranza, anche in vista delle prossime, immediate scadenze parlamentari.

Ma tra le voci più o meno incontrollate di questi giorni, ecco anche la pazza idea delle elezioni anticipate: «Sarebbe il modo migliore - racconta un big della maggioranza - per evitare il logorio del centrodestra e impedire al centrosinistra di riorganizzarsi». Un “contropiede” in stile Roberto Occhiuto, evoca qualcuno. «Ma in Calabria - puntualizza Sbardella - era proprio il presidente della Regione ad avere avuto dei problemi giudiziari. Schifani non ha di questi problemi». Adesso, però, nel centrodestra fa capolino un altro timore: «D’ora in poi, ogni buona azione di Schifani, che ha governato bene, rischia di essere offuscata dalle questioni giudiziarie della maggioranza. E alla fine, negli occhi dei siciliani potrebbero restare solo queste».

Ed è proprio così. Domani l'opposizione si riunirà davanti a Palazzo d'Orléans per chiedere le dimissioni del governatore. Negli stessi minuti, in Tribunale un primo gruppo di indagati risponderà alle domande dei magistrati palermitani: sarà solo il primo atto degli interrogatori che anticipa quelli, tra gli altri, di Cuffaro e Romano, previsti per venerdì 14. Nel frattempo c’è una manovra regionale su cui trovare intese e numeri. «Ma siamo ancora in alto mare», confessano in molti.

Quella che inizia oggi è la settimana più in salita, più spinosa, più rovente per Schifani. Quella in cui tensioni politiche, ma anche fratture personali, sembrano delineare uno scenario quantomeno confuso, se non emergenziale. Le intercettazioni hanno restituito uno spaccato fatto non solo di presunte illegalità, ma anche di rapporti difficili tra esponenti della maggioranza. Ed è questa, forse, la ferita più insanabile.