Le reazioni
I leghisti della prima ora stroncano il patto Salvini-Cuffaro: «Schifati e scettici»
È ormai ufficiale il matrimonio tra la Lega e la Dc che porterà a liste comuni alle elezioni nazionali. Dalla Sicilia alla Pianura Padana, cresce il malcontento. L'ex ministro Castelli: «Cuffaro come Vannacci, un pacchetto di voti»

«Quando Salvini è arrivato in Sicilia ci aveva detto: "Il vostro vero problema è la classe dirigente, io la cambierò". Invece non solo non l'ha combattuta, ma se l'è messa dentro». Fabio Cantarella, ex assessore al Comune di Catania, è stato tra i primi siciliani ad abbracciare la causa del Carroccio. Correva l'anno 2013 e il partito del Nord ambiva anche sull'isola a rompere i vecchi schemi. Dodici anni dopo ufficializza il matrimonio con chi quei vecchi schemi continua a incarnarli. Alla Festa dell'amicizia dello scorso fine settimana la Lega di Matteo Salvini in salsa sammartiniana e la Dc di Totò Cuffaro hanno messo il timbro sul patto federativo che vedrà i candidati democristiani trovare spazio nella lista della Lega alle prossime elezioni nazionali del 2027. Un connubio che ambisce a diventare «il primo partito sull'isola». La competizione tutta interna al centrodestra con l'altra federazione - quella tra Forza Italia e l'Mpa di Raffaele Lombardo - è già lanciata. Ma i malcontenti per l'operazione si allargano ben oltre lo Stretto, soprattutto tra i leghisti veneti e lombardi della prima ora. «Cuffaro? Come Vannacci, un pacchetto di voti», chiosa l'ex ministro Roberto Castelli.
«Ho lasciato la Lega lo scorso marzo - spiega Cantarella - perché i valori in cui avevo creduto non ci sono più. Il tema della sicurezza è uscito dall'agenda, a Lampedusa ogni giorno continuano gli sbarchi e Salvini non ne parla. Per non parlare di chi è stato premiato e alla prima occasione ha cambiato carro». I riferimenti dell'ex assessore sono al suo ex collega di giunta a Catania Giuseppe Gelsomino, fuoriuscito dalla Lega, e a Nino Minardo, arrivato a ricoprire la carica di segretario regionale del Carroccio in Sicilia e da pochi mesi tornato in Forza Italia. Porte girevoli da cui adesso entra il drappello cuffariano. Ufficialmente nessuno nel partito siciliano manifesta malumori. Anche perché Annalisa Tardino, ex europarlamentare leghista e una delle voci più critiche rispetto alla linea dettata da Luca Sammartino, da pochi mesi è stata scelta da Salvini per guidare l'Autorità portuale della Sicilia occidentale. Nomina che ha portato a un plateale (seppur breve) strappo tra il viceministro e il presidente Schifani, contrario alla nomina, che si è rivolto al Tar. Quando guidava il partito, Tardino aveva intrapreso una strada opposta: quella della federazione con gli autonomisti. È passato un anno ed è cambiato tutto.
Per chi osserva l'evoluzione del partito dalle sue iniziali roccaforti - Lombardia e Veneto - dove "Prima il Nord" rimane uno slogan mai messo definitivamente in soffitta, il matrimonio con Cuffaro e col suo passato (sette anni di condanna per favoreggiamento alla mafia) rimane un Frankenstein politico impossibile da digerire. «La Lega attuale è in cerca di professionisti della politica». Paolo Grimoldi per 16 anni è stato deputato della Lega, nonché segretario della Lega Lombarda. Oggi è fuori dal partito ed ha contribuito a fondare il Patto per il Nord, un contenitore di 29 sigle. «Moltissimi sono fuoriusciti dalla Lega», spiega. «Cosa penso dell'operazione Cuffaro? Cosa ci possiamo aspettare da un partito che porta in parlamento Valeria Sudano che, leggo su Wikipedia, ha cambiato otto volte partito? (in realtà i cambi si fermano a cinque ndr)».
Bocche cucite ufficialmente dentro il partito, anche dai più critici alla linea Salvini. «Non mi faccia commentare, non spetta a me», si limita a rispondere il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, che da tempo auspica un ritorno alle origini e mantiene buoni rapporti col cartello Patto per il Nord, che in Lombardia ha il suo cuore pulsante. «Molti non possono parlare - racconta Grimoldi - ma le posso dire che, a parte Salvini che deve avere i voti per tirare a campare altrimenti lo cacciano da segretario, tutti gli altri osservano quanto accade in Sicilia tra lo schifato e lo scettico». Dall'alto della lunga esperienza, anche da ministro, non è sorpreso Roberto Castelli. «L'operazione Cuffaro non è poi così diversa da quella Vannacci. Sono pacchetti elettorali, il problema - sottolinea - è che non si va oltre. Di patti federativi e liste comuni ne abbiamo fatte sempre, anche al Sud, ma non si è mai riusciti a dare poi un contenuto di concretezza politica».