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“Epstein Files”, oggi il giorno della verità: cosa potrebbe emergere e cosa resterà (legittimamente) oscurato

Una legge bipartisan impone al Dipartimento di Giustizia la pubblicazione in formato scaricabile e ricercabile dei documenti su Jeffrey Epstein. Tra attese e cautele, ecco cosa c’è davvero nella norma, quali limiti ha sulle redazioni e perché l’operazione trasparenza può cambiare il discorso pubblico

Redazione La Sicilia

19 Dicembre 2025, 09:20

“Epstein Files”, oggi il giorno della verità: cosa potrebbe emergere e cosa resterà (legittimamente) oscurato

All’alba di oggi, 19 dicembre 2025, i tecnici del Dipartimento di Giustizia aggiornano le pagine del portale federale: nuovi indici, pulsanti per scaricare interi archivi, filtri per cercare nomi e parole chiave. È l’istante in cui una promessa di trasparenza diventa banco di prova. Non è un leak né un gesto unilaterale: è un obbligo di legge, l’Epstein Files Transparency Act, che impone al governo federale di rendere pubblici – in formato “ricercabile e scaricabile” – i dossier su Jeffrey Epstein, lasciando spazio a redazioni rigorosamente limitate. L’aria è elettrica: la curiosità per eventuali connessioni con politici, celebrità e figure influenti si scontra con un principio altrettanto fermo della legge appena entrata in vigore: niente censure per “imbarazzo” o “sensibilità politica”.

Cosa prevede davvero l’Epstein Files Transparency Act

Nella sua sostanza giuridica, la legge – divenuta Public Law n. 119-38 il 19 novembre 2025 – ordina all’Attorney General di pubblicare, entro 30 giorni dall’entrata in vigore (dunque entro oggi), “tutti i documenti e i record non classificati” in possesso del Department of Justice e delle sue componenti (compreso l’FBI) relativi a Jeffrey Epstein. L’obbligo si estende anche ai materiali su Ghislaine Maxwell, ai flight logs e a ogni traccia di viaggio dei velivoli e delle imbarcazioni a lui collegati, nonché agli atti che menzionino funzionari pubblici o politically exposed persons. Il tutto dev’essere messo online in un formato che consenta ricerche mirate e download integrali.

La norma non si limita ai documenti “classici” di un’indagine. Include anche comunicazioni interne, scambi tra uffici, materiali investigativi collegati, eventuali immunity deals, le pratiche sulla custodia e la morte di Epstein (dai rapporti d’incidente alle perizie), e – punto dirimente – un elenco delle persone citate. È una legge “di scopo” costruita per evitare le ambiguità che, in casi ad alta sensibilità, spesso si trasformano in zone d’ombra.

Le redazioni: quando sono consentite e quando no

Il cuore politico-giuridico della norma sta nei limiti espliciti alle redazioni. Sono ammesse, ma soltanto per ragioni tassative: tutela della privacy delle vittime, rimozione di materiale pedopornografico (CSAM), protezione di indagini federali in corso o di procedimenti attivi, e salvaguardia di informazioni classificate per ragioni di sicurezza nazionale o politica estera. Ogni oscuramento, inoltre, dev’essere “narrowly tailored”, dunque ridotto allo stretto necessario e motivato. Al contrario, il Congresso ha scritto nero su bianco i divieti: non si può nascondere nulla per imbarazzo, danno reputazionale o sensibilità politica. È la clausola che oggi tiene col fiato sospeso Washington.

C’è di più: entro 15 giorni dalla pubblicazione, il Dipartimento di Giustizia dovrà inviare alle Commissioni Giustizia di Camera e Senato un rapporto che elenchi le categorie di atti pubblicati e quelle trattenute, spieghi i criteri di redazione e – passaggio di rilievo – fornisca l’elenco dei funzionari e delle persone politicamente esposte citati nei materiali resi pubblici. È un correttivo pensato per impedire che l’“operazione trasparenza” si perda nel mare dei PDF.

Una scadenza che pesa: perché oggi conta

Nelle ultime settimane, i promotori bipartisan – il deputato Ro Khanna, i senatori Ben Ray Luján e Jeff Merkley, con il sostegno di Lisa Murkowski e Thomas Massie, tra gli altri – hanno incalzato l’Attorney General perché rispettasse la deadline del 19 dicembre. Il pressing non è retorico: i firmatari hanno chiesto una briefing formale sullo stato di attuazione, temendo ritardi o interpretazioni troppo estensive delle eccezioni. Parallelamente, senatori come Adam Schiff e Dick Durbin hanno chiesto all’Inspector General del DOJ un audit dei “chain of custody forms” per certificare che i file non siano stati alterati o smarriti.

Sul piano mediatico e politico, la vigilia è stata segnata da mosse e contromosse. Ieri alcuni esponenti Democratici hanno diffuso una selezione di fotografie rinvenute nei beni di Epstein: immagini suggestive più che probatorie, accompagnate dall’avvertenza che non costituiscono prova di reato. È un segnale della tensione che circonda la pubblicazione, e del rischio – reale – di sovra-interpretazioni pubbliche.

Cosa potremmo trovare (e cosa no)

Documenti sulle indagini e i procedimenti contro Jeffrey Epstein, incluse le attività di custodia federale e i materiali sulla sua morte nel 2019 mentre era detenuto a Manhattan; atti interni relativi alle condizioni carcerarie, alle procedure di sorveglianza e agli eventuali protocolli violati.

Materiali su Ghislaine Maxwell, condannata a 20 anni per traffico sessuale, con particolare attenzione alle catene di responsabilità e ai reclutatori, e ai riscontri intercorsi tra FBI e U.S. Attorney’s Office di New York. (Le sentenze di Maxwell sono note; i nuovi fascicoli potrebbero riguardare flussi informativi e scelte investigative sin qui non pubbliche.)

Flight logs, manifests e registri di frontiera: chi ha viaggiato, quando, da dove a dove. La legge obbliga alla pubblicazione dei registri di volo e dei documenti doganali associati a velivoli, navi o altri mezzi “posseduti, operati o usati” da Epstein o entità collegate. Questi dati non provano automaticamente reati, ma possono illuminare tracce, frequenze e network.

Comunicazioni interne del DOJ: e-mail, memo, appunti che potrebbero spiegare scelte controverse del passato, a partire dall’accordo del 2008 in Florida e dal coordinamento inter-agenzia. Qui la curiosità pubblica è massima, ma la legge consente redazioni se si toccano indagini tuttora aperte o informazioni protette da classificazione.

Ricordiamolo: la norma impone linee rosse nette. I nomi delle vittime e i dati idonei a identificarle dovranno essere cancellati; ogni elemento riconducibile a CSAM è escluso; eventuali indizi collegati a indagini ancora vive possono essere temporaneamente trattenuti. Ciò non impedirà, comunque, di ottenere un quadro più ricco e verificabile di relazioni, decisioni e responsabilità istituzionali.

Politica, diritto e percezione: un equilibrio delicato

Che questa pubblicazione possa alimentare titoli roboanti è quasi scontato. Ma l’Epstein Files Transparency Act nasce per fare l’opposto del sensazionalismo: consolidare il diritto dei cittadini a conoscere il funzionamento delle istituzioni in un caso che ha scosso fiducia e coscienze, senza travolgere la protezione delle vittime o compromettere indagini ancora attive. È una lezione di metodo: trasparenza “mirata”, non un indiscriminato “dump” di materiali sensibili.

La vigilanza del Congresso è parte integrante di questo equilibrio. La minaccia di un over-redaction – cioè oscurare troppo – è opposta e simmetrica al rischio di pubblicare oltre il necessario. Da qui l’idea, contenuta nella norma, di abbinare alla pubblicazione un report obbligatorio, che renda tracciabili i criteri usati. Ed è per lo stesso motivo che Schiff e Durbin hanno chiesto all’Inspector General un audit sulla catena di custodia dei file, così da blindare la credibilità dell’operazione contro sospetti di manomissioni o amnesie documentali.

L’impatto atteso sulla discussione pubblica

Sul piano istituzionale, la norma può diventare un precedente per casi di altissimo profilo in cui accountability e segretezza investigativa entrano in collisione.

Sul piano mediatico, la disponibilità di un archivio “ricercabile” ridurrà la dipendenza da indiscrezioni e spezzoni di documenti. Crescerà il peso di ciò che è verificabile, e non delle narrative.

Sul piano giudiziario, i materiali potrebbero essere usati – ove consentito – in cause civili e penali, o comunque offrire elementi per nuove piste, sempre nel perimetro delle indagini federali in corso.

Sul piano politico, la clausola “no redactions for embarrassment” promette un’urgenza quasi etica: se un documento è rilevante e non ricade nelle eccezioni legali, dev’essere pubblico a prescindere da chi vi sia citato.

Le mosse dell’ultima ora e il ruolo dei media

Nelle ore che precedono la scadenza, giornali e tv preparano speciali e strumenti di ricerca; alcuni comitati parlamentari di vigilanza si attrezzano per un esame a tappeto. La pubblicazione di foto non contestualizzate – come quelle diffuse alla vigilia da membri dell’House Oversight – ha già mostrato i rischi di confondere contiguità con complicità. È un promemoria per chi, da oggi, scorrerà i file: le immagini attestano presenze e scenari, non necessariamente condotte illecite. La prova, in uno Stato di diritto, nasce da fatti corroborati, non da suggestioni.

Nello stesso clima, anche la cultura pop si muove: talk show e late-night ironizzano sulla “Epstein Files Eve”, segno che la vicenda è tornata al centro dell’immaginario collettivo. Satira a parte, il messaggio che filtra da diversi network mainstream è coerente col testo della legge: la trasparenza non è più opzionabile.

Come leggere (bene) i file: una guida rapida per il pubblico

Cercate le sequenze, non solo i nomi. I log di volo e i manifest acquistano senso se incrociati: date, frequenze, rotte. Evitate letture binarie del tipo “X ha volato = colpevole”: non è così che funziona la prova.

Valutate i contesti istituzionali. Le e-mail e i memo interni possono raccontare le ragioni di decisioni discutibili; spesso contengono i “perché” che mancano nelle cronache.

Distinguete le eccezioni legali. Se un passaggio è oscurato, la legge impone che sia per vittime, CSAM, indagini attive, classificazione. Il resto – imbarazzo, reputazione o “political sensitivity” – non è una scusa ammessa.

Annotate le tempistiche. Il DOJ dovrà presentare entro 15 giorni un report al Congresso: anche quello è un documento pubblico prezioso, perché spiega cosa è stato pubblicato e cosa no, e perché.

Oltre la curiosità: perché questa legge riguarda tutti

Il caso Epstein resta un trauma civico: per la gravità dei crimini, per l’eco delle responsabilità e per il cortocircuito tra potere, denaro e abuso. L’Epstein Files Transparency Act è nato per rispondere a una domanda semplice e radicale: cosa sapevano le istituzioni, quando lo hanno saputo, e come hanno agito? Oggi, con la pubblicazione dei file, quella domanda smette di essere un grido nel vuoto e diventa un esercizio di verifica basato su documenti.

Non tutte le risposte arriveranno subito. Alcune resteranno coperte da motivi legittimi; altre richiederanno settimane di letture, incroci, interpretazioni. Ma il principio è stato affermato con chiarezza: laddove non vi sia sicurezza nazionale, tutela delle vittime o indagine in corso, la conoscibilità prevale sull’imbarazzo. È un cambio di passo che può restituire credibilità allo Stato in un dossier in cui – per anni – fiducia e trasparenza sono parse merce rara.