IL GIALLO
Garlasco, quel filo sotto le unghie: la scienza che divide sul Dna e riapre il caso
Una consulenza rimasta sotto traccia dal 5 febbraio 2024, l’anticipazione della perita del giudice e la controffensiva della difesa: ecco cosa c’è davvero nel “nuovo” Dna sotto le unghie di Chiara Poggi e perché quelle tracce non chiudono, da sole, la partita
La luce del mattino filtra dalle persiane, il silenzio nella villetta di via Pascoli è un suono denso. Su due unghie, minuscole lamelle di cheratina conservano un segreto: un “segnale” genetico, un’ombra di aplotipo Y, che oggi torna a fare rumore. È qui, nei margini ungueali di Chiara Poggi, che si addensa la svolta più discussa del caso di Garlasco. E inizia da una data: 5 febbraio 2024. Da quel giorno — come oggi è documentabile — la Procura di Pavia custodiva una consulenza genetica in cui una porzione di quel Dna risultava compatibile con il profilo di Andrea Sempio, amico di famiglia e indagato nel nuovo filone di inchiesta. Un tassello destinato a pesare ancora di più con l’anticipazione inviata via PEC dalla perita nominata dal giudice, la genetista Denise Albani, che con un’analisi biostatistica indipendente ha indicato una “piena concordanza” tra l’aplotipo Y ricavato da due unghie e la linea paterna del profilo dell’indagato. Ma la scienza, qui, non si limita a dire sì o no. Dice anche “quanto” e “con quali limiti”. E la difesa alza le barricate: “tracce miste, degradate, non consolidate; possibile contaminazione”.
Che cosa c’era sul tavolo dei pm dal 5 febbraio 2024
Secondo gli atti di cui oggi esistono riscontri pubblici, i consulenti della Procura di Pavia, i genetisti Carlo Previderè e Pierangela Grignani, avevano concluso che “uno dei cinque aplotipi” ottenuti dai margini delle unghie fosse “perfettamente sovrapponibile” al profilo di Andrea Sempio. È il documento che ha spinto i magistrati a chiedere — e ottenere — la riapertura dell’inchiesta sull’amico del fratello di Chiara, già archiviato nel 2017. Quelle conclusioni, datate appunto 5 febbraio 2024, sono la miccia che accende la fase nuova del caso.
L’“incidente probatorio” e la verifica terza: la PEC della perita Albani
Per evitare guerre di laboratorio senza arbitro, la gip di Pavia Daniela Garlaschelli ha nominato una perita super partes: Denise Albani, genetista del Gabinetto di Polizia Scientifica. Nel quadro dell’“incidente probatorio” — cioè l’accertamento tecnico irripetibile con valore probatorio anticipato — Albani ha condotto una analisi biostatistica sull’aplotipo Y emerso nel 2007 su due unghie di Chiara. Il risultato, anticipato il 27 novembre 2025 in una PEC indirizzata alle parti: “piena concordanza” con la linea paterna della famiglia Sempio, con un valore di compatibilità definito “elevato” dagli inquirenti. La perizia completa, annunciano le cronache, sarà depositata a inizio dicembre 2025 e discussa in udienza il 18 dicembre 2025.
Contemporaneamente, fonti di agenzia e ricostruzioni giornalistiche riferiscono che la lettura “investigativa” degli stessi dati escluderebbe match con Alberto Stasi — l’ex fidanzato di Chiara, condannato in via definitiva a 16 anni nel 2015 — o con altri frequentatori abituali della casa, circoscrivendo il campo alla linea maschile Sempio. È un punto di peso per l’accusa, che però resta una valutazione: la genetica, per conto suo, dice compatibilità di linea paterna, non identità individuale.
Il nodo cruciale: identità statistica, non “nome e cognome”
Per orientarsi tra sigle e probabilità, serve chiarezza. L’aplotipo Y è un profilo del cromosoma maschile che accomuna individui della stessa linea paterna. Tradotto: quando si dice che quel Dna è “compatibile con la linea Sempio” non si sta affermando che “è di Andrea Sempio e di nessun altro”, ma che il profilo combacia con una popolazione ristretta di uomini imparentati per via maschile, potenzialmente molto pochi se l’aplotipo è raro. Secondo quanto trapela, è proprio qui che la perita Albani avrebbe centrato la sua valutazione: l’insieme delle comparazioni porta a una “concordanza piena” con la linea Sempio; la stima è robusta, ma applicata a un Dna definito “parziale, misto e degradato”. In altre parole: l’aggancio è forte, il materiale è debole.
“Campione 28222016”: la corrispondenza messa nero su bianco
A far discutere è anche un dettaglio tecnico: la perita del giudice avrebbe “sposato” le conclusioni della consulenza Previderè–Grignani e delle analisi difensive che, per prime, avevano spinto alla riapertura. In quell’alveo compare il riferimento al “campione 28222016”, sigla interna associata al profilo di Andrea Sempio nelle comparazioni: “tracce identiche al campione 28222016”, si legge in una ricostruzione giornalistica delle conclusioni messe agli atti. Un modo non nominale per dire che le tracce, per la scienza forense, puntano alla stessa linea paterna di Sempio.
Quanto “vale” quella traccia? Le quantità e il contesto
Non basta dire “c’è” o “non c’è”. La difesa contesta che le quantità misurate siano compatibili con un’aggressione corpo a corpo. In un’analisi riportata pubblicamente, vengono citati valori di intensità di segnale “che superano di poco i 200” con “nessun picco oltre i 1000”, laddove un aspro contatto fisico nella dinamica omicidiaria, secondo i consulenti della difesa, dovrebbe generare picchi nell’ordine dei 2.000–3.000. È un argomento che non attacca il “chi” ma il “come”: per i legali, ammesso e non concesso che la compatibilità genetica regga, il tenore della traccia suggerirebbe un trasferimento secondario (indiretto) e non un contatto violento.
La tesi della contaminazione: ipotesi, precedenti e obiezioni
- La linea di difesa di Andrea Sempio si concentra su due idee chiave: “poco Dna” e “contaminazione”. I consulenti Armando Palmegiani e Marina Baldi parlano di un profilo “misto, parziale, degradato, non consolidato” e richiamano la possibilità che Chiara abbia toccato un oggetto maneggiato in precedenza da Sempio — un telecomando, per esempio — trasferendo così in modo indiretto alcune cellule. Un’ipotesi resa, a loro dire, plausibile sia dalla bassa quantità, sia dal fatto che nel 2014 quello stesso Dna venne giudicato “inutilizzabile”.
- L’obiezione dell’accusa, anticipata da ricostruzioni giornalistiche, è che la compatibilità di linea paterna su due unghie e la “piena concordanza” biostatistica siano difficilmente conciliabili con una contaminazione casuale, specie in assenza di contesti di promiscuità genetica. È un’argomentazione investigativa, non un teorema scientifico: sposta l’onere del dubbio su “come” quel Dna sia finito lì.
- In udienza, la stessa Albani — per prudenza metodologica — ha definito il dato non “consolidato”, proprio perché ricavato da materiale esiguo e consumato da estrazioni precedenti. Un caveat che non nega la compatibilità ma invita a non farle dire ciò che non può dire: un’identificazione personale “esclusiva”.
Un percorso lungo 18 anni: che cosa riapre davvero questo Dna
- Il 13 agosto 2007 Chiara viene uccisa nella casa di famiglia. Dopo un iter processuale tortuoso, Alberto Stasi viene condannato in via definitiva a 16 anni il 12 dicembre 2015. Oggi è in regime di semilibertà, confermata dalla Cassazione il 1° luglio 2025. La nuova traiettoria investigativa non cancella quella sentenza, ma la affianca: la Procura ipotizza per Sempio un possibile omicidio “in concorso con altri”. Un perimetro che lascia aperti scenari giudiziari complessi.
- Nel 2025 l’accelerazione: la riapertura delle indagini su Sempio poggia proprio sull’aplotipo Y dalle unghie e su un altro elemento, la controversa “impronta 33” rilevata su un muro della scala. Anche qui la scienza è chiamata a distinguere ciò che è rimasto verificabile da ciò che, a distanza di anni e tra reperti forse dispersi, non lo è più.

Metodo e limiti: perché la biostatistica conta (e fin dove)
Che cosa fa, in concreto, una “analisi biostatistica” in un caso come questo? Non crea Dna dal nulla, né può trasformare un profilo incompleto in un’impronta digitale perfetta. Calcola, invece, la probabilità che un determinato aplotipo Y rinvenuto in reperto sia compatibile con la linea paterna di un individuo noto, in relazione alla frequenza di quell’aplotipo nelle banche dati e nei campioni di riferimento. Nel caso in esame, la perita Albani avrebbe utilizzato una base di confronto ampia — decine di migliaia di profili maschili europei — e individuato una “concordanza piena” con la linea Sempio, sottolineando però che la matrice di partenza è “poco, degradato, parziale e misto”. Il che spiega perché la compatibilità sia definita “alta” e insieme “non consolidata”. In tribunale, contano entrambe le frasi.
Le posizioni in campo: accuse, difese, consulenti
- L’accusa: per i consulenti Previderè–Grignani della Procura di Pavia, uno dei cinque aplotipi repertati dai margini ungueali è “perfettamente sovrapponibile” al profilo di Andrea Sempio; il dato è al centro dell’istanza che ha portato alla riapertura dell’inchiesta.
- Il giudice: la perita Denise Albani ha convalidato la compatibilità di linea con una “piena concordanza”, anticipazione formalizzata via PEC il 27 novembre 2025 e prossima a essere discussa il 18 dicembre 2025.
- La difesa: i legali Angela Taccia e Liborio Cataliotti ribadiscono che “mancano dati decisivi”; i loro consulenti Armando Palmegiani e Marina Baldi insistono su contaminazione e scarsa forza statistica. Palmegiani, diventato consulente dopo il passo indietro dell’ex comandante Ris Luciano Garofano, ha definito oggi “fragili” sia il Dna ungueale sia la contestata impronta 33. Baldi ha spiegato perché, a suo avviso, la traccia genetica sarebbe spiegabile con un contatto indiretto.

Le domande che contano (e che cosa aspettarsi)
- L’identificazione è “individualizzante”? No: l’aplotipo Y indica una linea paterna, non un singolo individuo. Serve un contesto probatorio che leghi quella linea a una presenza certa sulla scena del crimine in un arco temporale compatibile con l’omicidio.
- La quantità è compatibile con un’aggressione? La difesa dice di no, richiamando valori considerati troppo bassi per uno scontro fisico violento; l’accusa replica che la doppia presenza su due unghie e l’alto valore di compatibilità rendono più difficile sostenere una contaminazione casuale. Sarà l’udienza del 18 dicembre 2025 a misurare la forza di ciascun argomento, anche alla luce della catena di custodia e della storia analitica del reperto (già giudicato inutilizzabile nel 2014).
- Che cosa cambia per Alberto Stasi? Ad oggi, nulla sul piano della condanna: la sentenza del 2015 è definitiva, e Stasi resta in semilibertà. È realistico, però, che un eventuale esito accusatorio solido nel procedimento su Sempio alimenti nuove iniziative difensive, come già avvenuto in passato con ricorsi straordinari. Ma siamo nel terreno delle ipotesi, non dei fatti.
Perché questa storia riguarda anche la “qualità” delle prove scientifiche
Il caso Garlasco è da anni una scuola di diritto probatorio e scienza forense. Oggi lo è di nuovo per almeno tre ragioni:
- La gestione del tempo: a 18 anni dal delitto, i reperti sono stati in parte consumati da analisi precedenti; su altri, come la “impronta 33”, pendono dubbi sulla loro effettiva disponibilità fisica e integrità. La biologia forense, quando il materiale “finisce”, non ammette repliche infinite.
- La trasparenza del metodo: l’uso di software e banche dati per la biostatistica richiede di esplicitare soglie, intervalli di confidenza, composizione del campione di riferimento, gestione delle miste di Dna e degli effetti di degradazione. È ciò che la perita ha iniziato a fare con tabelle e spiegazioni tecniche condivise alle parti in vista del contraddittorio.
- La traduzione giudiziaria: un “alto valore di compatibilità” non è una condanna; una “traccia mista e degradata” non è automaticamente nulla. In mezzo c’è la valutazione complessiva: qualità della catena di custodia, coerenza con altri indizi, eventuali riscontri su orari, movimenti, impronte. È qui che l’udienza del 18 dicembre può fare davvero la differenza, chiarendo se quella (piccola) traccia genetica sia un indizio isolato o un pezzo che incastra con un mosaico più ampio.
Che cosa sappiamo, che cosa no
- Sappiamo che: esistono due unghie con Dna maschile su cui la Procura di Pavia e la perita del giudice convergono: l’aplotipo Y è compatibile con la linea paterna Sempio; che la consulenza dei pm è del 5 febbraio 2024; che la PEC della perita è del 27 novembre 2025; che l’udienza è fissata al 18 dicembre 2025.
- Non sappiamo ancora: la forza numerica finale della prova (i rapporti di verosimiglianza, le soglie statistiche scelte, gli intervalli di confidenza) come verrà pesata dal giudice; se e come verrà esclusa, con criteri falsificabili, la contaminazione; quale ruolo avranno — se ne resterà traccia utilizzabile — le impronte e altri possibili riscontri sulla scena. Su questi punti, decideranno il deposito della perizia integrale e il contraddittorio tecnico in aula.
L’importanza di chiamare le cose col loro nome
In questa storia, ogni parola pesa. Compatibile non significa identico; aplotipo Y non significa persona; pieno accordo statistico non è certezza giudiziaria. Ma il contrario è altrettanto vero: traccia degradata non vuol dire irrilevante; quantità basse non escludono un contatto significativo; contaminazione possibile non è contaminazione provata. Nel grigio tra il sì e il no — là dove la scienza incontra il processo — si gioca la partita del 18 dicembre 2025. Qualunque sarà la prossima mossa, la domanda rimane una sola: quel filo sotto le unghie racconta un passaggio casuale o uno scontro? Il resto, per ora, sono opinioni. I numeri — e la loro corretta lettura — sono l’unico terreno solido su cui misurare la verità processuale.