×

Israele dice sì a Trump: «Ok al ritiro parziale dalla Striscia, vicinissimi a un accordo». Dal tycoon pressing su Hamas

A Gaza dopo 67 mila morti, in gran parte civili, le parti sarebbero a un passo da una storica tregua. Poi colloqui in Egitto

Fabio Russello

05 Ottobre 2025, 00:07

05 Ottobre 2025, 00:08

Israele dice sì a Trump: «Ok al ritiro parziale dalla Striscia, vicinissimi a un accordo». Dal tycoon pressing su Hamas

«Israele ha accettato la linea di ritiro iniziale, che abbiamo mostrato e condiviso con Hamas. Quando Hamas confermerà, il cessate il fuoco entrerà in vigore immediatamente, inizierà lo scambio di ostaggi e prigionieri e creeremo le condizioni per la fase successiva del ritiro, che ci avvicinerà alla fine di questa catastrofe di 3000 anni»: con questo annuncio su Truth, Donald Trump segnala il primo passo nei negoziati da parte di Israele, dopo il sì condizionato del movimento islamista al piano di pace del tycoon e la frenata dell’Idf nelle operazioni.

In serata, il premier Benjamin Netanyahu aveva fissato le sue apparenti linee rosse in un videomessaggio, sostenendo che l’Idf non lascerà la Striscia e che il gruppo palestinese sarà «disarmato, diplomaticamente tramite il piano di Trump o militarmente da parte nostra».

Alla vigilia del secondo anniversario degli attacchi del 7 ottobre e quasi a due anni di guerra, con 67 mila palestinesi uccisi, le chance di una svolta saranno approfondite da lunedì a Sharm el-Sheikh. Al tavolo sono attese le delegazioni di Hamas e di Israele, guidata dal ministro per gli Affari Strategici Ron Dermer, insieme all’inviato speciale Usa per il Medio Oriente Steve Witkoff e a Jared Kushner, genero del magnate. La presenza americana rimarca la volontà di Trump di chiudere un accordo che, come ha sottolineato, va oltre Gaza e riguarda «la pace tanto attesa in Medio Oriente», con l’obiettivo di stabilizzare la regione e ampliare gli Accordi di Abramo.

Per imprimere un’accelerazione, il presidente Usa ha interpretato la risposta di Hamas come un “sì”, mettendo pressione su Benyamin Netanyahu e costringendolo a congelare l’offensiva. Il giorno seguente ha alternato bastone e carota: da un lato il plauso a Israele per aver «temporaneamente cessato i bombardamenti», dall’altro l’avvertimento che «Hamas deve muoversi in fretta, altrimenti tutte le scommesse saranno annullate».

«Non tollererò ritardi, che molti pensano avverranno, né alcun esito in cui Gaza rappresenti nuovamente una minaccia. Facciamolo, in fretta. Tutti saranno trattati in modo equo!», ha scritto su Truth, continuando a dettare la linea e strizzando l’occhio a un possibile Nobel per aver fermato «l’ottava guerra». In un’intervista a Channel 12, il tycoon ha poi riferito di aver detto al premier israeliano: «Bibi, questa è la tua occasione per vincere». E ha aggiunto: «Siamo vicini a un accordo. Bibi è favorevole, Hamas ha fatto un grande passo, vogliono concluderlo», assicurando che il leader israeliano «era d’accordo. Con me bisogna essere d’accordo». «Bibi è andato troppo oltre e Israele ha perso molto sostegno nel mondo. Ora io restituirò tutto quel sostegno», ha proseguito, ringraziando il presidente turco Erdogan per il suo contributo decisivo.

I colloqui verteranno sui tempi e sulle modalità di liberazione degli ostaggi, ma anche su vari nodi che Hamas ha sollevato o eluso: dal disarmo al ruolo nel futuro governo della Striscia fino al ritiro dell’esercito israeliano. Se il negoziato in Egitto procederà spedito, gli ostaggi potrebbero essere rilasciati «entro pochi giorni», ha previsto un alto funzionario israeliano, aggiungendo che gli sviluppi attuali sono stati «pienamente coordinati» tra Trump e Netanyahu e che i due leader si sono sentiti telefonicamente venerdì, prima che Trump dichiarasse di ritenere Hamas «pronto per una pace duratura» e intimasse a Israele di «fermare immediatamente i bombardamenti su Gaza».

Sul terreno, nonostante alcuni attacchi sporadici, si registra una relativa calma. La protezione civile di Hamas ha riferito un bilancio di 57 morti dagli attacchi dell’alba, di cui 40 nella sola Gaza City. Fino alle prime ore del mattino, l’Aeronautica militare israeliana ha colpito in diverse aree della Striscia; nelle ultime ore, però, la direttiva politica è di mantenere una postura difensiva e intervenire solo in presenza di minacce identificate contro le forze. L’Idf ha comunque avvertito che Gaza City resta una zona di combattimento pericolosa e ha sconsigliato ai palestinesi di tornare verso nord.

Gli ostacoli, tuttavia, restano numerosi. La risposta di Hamas ha lasciato in sospeso vari punti cruciali del piano di Trump. Con un abile «sì, e» o «sì, ma», il movimento ha rilanciato la palla nel campo di Netanyahu e di altri attori, dai mediatori Qatar ed Egitto a Paesi arabi e islamici che hanno spinto la Casa Bianca a chiudere il conflitto. Da parte sua, Netanyahu ha dovuto accettare il progetto di Trump per preservare un’alleanza ritenuta indispensabile, concedendo al contempo il minimo necessario per non alienare i partner della sua coalizione nazionalista-religiosa, da tempo contrari a qualsiasi intesa con i palestinesi e favorevoli alla prosecuzione della guerra.