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L'analisi

La resistenza di Schifani: dopo la mozione di sfiducia bocciata, ultima chiamata per l'opposizione prima della Finanziaria

La legge di bilancio sarà il vero banco di prova per la tenuta della maggioranza. Il centrodestra compatto ha tenuto in sella il presidente della Regione, ieri. Ma il voto era palese. Che accadrà con quello segreto?

Accursio Sabella

03 Dicembre 2025, 06:30

10:23

La resistenza di Schifani: dopo la mozione di sfiducia bocciata, ultima chiamata per l'opposizione prima della Finanziaria

«Glielo chiedo in nome di Dio: andatevene», tuona a inizio seduta il capogruppo del Movimento cinque stelle, Antonio Di Paola, citando Oliver Cromwell. Anche se, alla fine, la citazione giusta della giornata, starebbe a metà tra il “Molto rumore per nulla” di William Shakespeare e l'“Era già tutto previsto” di Riccardo Cocciante.

La mozione di sfiducia viene respinta, come era facilmente preventivabile. E viene votata da 26 deputati, come anticipava già il pallottoliere virtuale dei giorni scorsi. E ricompatta la maggioranza di centrodestra, per nulla scalfita dalle accuse di una opposizione che, comunque, trova un modo per riconoscersi come piattaforma da cui far decollare il progetto dell'alternativa. Non è chiaro ancora se con o senza Cateno De Luca. Che, a proposito di decollo, ha avvisato il campo largo: «Ultima chiamata per l'opposizione», ha detto, per lavorare a un progetto «civico e autonomista». Poi, andrà avanti per conto proprio, dopo essersi avvicinato, nei mesi scorsi, proprio a Renato Schifani.

Il governatore, dal canto suo, incassa quelle che definisce, al termine di una seduta durata quasi cinque ore, «accuse e nefandezze», ma soprattutto la lealtà di una maggioranza che, di fronte alla mozione, ovviamente non ha avuto un dubbio e non ha mostrato una crepa. Una solidità da dimostrare su campi più difficili, a cominciare da quello di una Finanziaria che verrà incardinata in Aula in settimana.

Insomma, si è detto molto, ma si è mosso molto poco. E certamente, come emerge anche dagli interventi di diversi deputati di Pd e M5S, non c'era nemmeno l'ambizione di disarcionare il governatore. Un segnale di vita, quello del campo largo, o “campo reale”, come lo chiama Ismaele La Vardera, riferendosi alla realtà e non alla regalità, concetto che usa, semmai, per il suo attacco a Schifani: «Il re è nudo», dice, rilanciando l'ironia del presidente “Totò Schifani”, alludendo ovviamente all'influenza esercitata da Cuffaro sul governo, prima dell'inchiesta.

Inchiesta che lo stesso Schifani, nel suo intervento di replica finale, definisce «uno scossone» che lo ha spinto «ad assumere alcune decisioni»: nello specifico, la cacciata degli assessori democristiani Nuccia Albano e Andrea Messina, puntualmente in Aula, ieri, e fedeli al “no” alla mozione, in occasione del voto palese. La Dc, insomma, c'è. O meglio, i deputati ci sono. In attesa di capire se resteranno fedeli, oltre che a Schifani, anche allo scudo crociato. A loro, comunque, Schifani lancia un invito. In particolare a Ignazio Abbate, presidente della prima commissione, diventato forse il più influente democristiano dell'Ars e già in passato in procinto di entrare nel governo: «I prossimi due anni devono essere quelli delle riforme», gli dice Schifani.

Insomma, mettiamoci al lavoro, fa capire il governatore nel corso di un intervento di replica in cui ha usato anche toni molto fermi per replicare alle opposizioni che poco prima (è il caso del capogruppo Pd Michele Catanzaro e del presidente della Commissione regionale Antimafia, Antonello Cracolici), avevano intonato il de profundis al governo: «Non esiste più, è finito», hanno detto in Aula. Di sicuro, non era questo il test per verificarlo. Anzi, Schifani coglie l'occasione della replica per rivendicare i risultati dell'esecutivo: «Emergenze, sociale e crescita. Sono questi i nostri pilastri. Abbiamo sistemato la questione dei forestali, non abbiamo creato altri precari e oggi abbiamo un avanzo non indifferente. Nel 2018 la giacenza era di un miliardo, nel 2022 di 5 miliardi, oggi di 12 miliardi e 800 milioni. Sono tanti perché l’economia cresce. Si tratta - ha aggiunto - di velocizzare la spesa».

E poi, ecco «l'occupazione cresciuta del 12 per cento», le 60 mila nuove imprese, l’aumento del Pil, del traffico di passeggeri, della presenza turistica. «E stiamo puntando - ha proseguito Schifani - sulla riapertura delle Terme di Sciacca e di Acireale. E poi ci sono i termovalorizzatori. Siamo a buon punto. Questo è il cambiamento. C'è chi è contrario, ed è legittimo. Ma noi andremo avanti», ha aggiunto. E “avanti” fa rima con “Finanziaria” che arriverà all'Ars già in settimana.

Sarà quello il vero test per il governo colpito dalle critiche e dalle inchieste. I segnali dalla commissione Bilancio sono rassicuranti. Ma l'Aula sarà un'altra cosa. Lì, ad esempio, tornerà il voto segreto.