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Il caso

Telecontact center, Tim avvia la fusione con un'altra azienda e 339 lavoratori di Caltanissetta temono per il loro futuro occupazionale

Allarme dei sindacati sulla fusione della società napoletana (controllata al 100% da Tim) con la Dna srl di Roma: 1.591 contratti sarebbero a rischio in tutta Italia, tra cui quelli dell’unico ufficio in Sicilia

Enrico De Cristoforo

26 Ottobre 2025, 20:36

20:37

Telecontact center, Tim avvia la fusione con un'altra azienda e 339 lavoratori di Caltanissetta temono per il loro futuro occupazionale

La sede di Caltanissetta di Telecontact center spa, il call center di Tim

È un’operazione di aggregazione tra aziende nel settore delle telecomunicazioni, che però ha messo in agitazione 1591 lavoratori, 336 dei quali solo siciliani, incerti sul loro proseguimento occupazionale. Telecontact center, l’azienda controllata al 100% da Tim, con sede legale a Napoli, ha annunciato ai suoi dipendenti dei call center sparsi in tutta Italia la fusione con la Società Dna S.r.l. di Roma, che dovrebbe avvenire entro dicembre.
«Un’operazione straordinaria di aggregazione, nel settore delle telecomunicazioni, che interesserà complessivamente 3.380 lavoratori - ha scritto Telecontact - e le motivazioni del conferimento oggetto della procedura, sono riconducibili a esigenze di natura industriale e organizzativa e, in particolare, alla realizzazione di un processo di transizione occupazionale attraverso l’attuazione di un processo di aggregazione societaria e un percorso di formazione e riqualificazione dei lavoratori coinvolti, al fine di superare la crisi di settore e garantire a tutti i lavoratori un adeguamento delle competenze personali nell’ambito di un nuovo, più efficiente e stabile contesto lavorativo».

I lavoratori di Telecontact center S.p.a. - che gestisce contatti inbound (ovvero i call center ai quali il cliente chiama per ricevere informazioni oppure assistenza telefonica) sui servizi Consumer e Small business di Tim componendo i numeri 187 e 191 - secondo i dati aggiornati a ottobre sono 1591 assunti con la qualifica di dirigente (2 unità), quadro (12 unità) e impiegato (1.577 unità) che lavorano nelle sedi di Caltanissetta (336), l’unica in Sicilia, di Roma (360 unità), Napoli (303), Milano (1), Catanzaro (432), Ivrea (89), Aosta (40), L’Aquila (30). I dipendenti lavorano due giorni a settimana in ufficio, tra cui a Caltanissetta nella sede lungo la Strada statale 640, e tre giorni in smart working; il sabato e la domenica si alternano a secondo dei turni.
Vista così l’operazione imprenditoriale appare legittima e plausibile dall’azienda che rassicura i dipendenti sulla loro condizione lavorativa, ma loro non sono convinti e attraverso i rappresentanti sindacali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil si dicono contrari alla fusione con una «neocostituita società denominata Dna s.r.l. di sconosciuta provenienza». Per i sindacati è «l’ennesima esternalizzazione mascherata» e ricordano che Tim «ha già beneficiato di fondi governativi con l’ingresso di Poste Italiane s.p.a. che ha rilevato il 25% delle quote Tim divenendo l’azionista di maggioranza. Inoltre ha incassato svariati milioni di euro dalla vendita della rete (attuale Fibercop) e ha in corso il contratto di solidarietà fino al 31 dicembre 2026, che ha previsto un ulteriore esborso economico da parte del governo. Lo stesso governo che ha versato nelle casse di Tim ulteriore liquidità acquistando la società del Gruppo Tim denominata Sparkle s.p.a».
Da oltre un anno i sindacati chiedono chiarezza sul futuro dell’Azienda Telecontact center «in considerazione di quelle che fino a ieri venivano frettolosamente liquidate come voci relative a una ipotetica vendita della società del gruppo Tim, che si è sempre trincerata nel silenzio, non fornendo alcuna risposta concreta sul destino di Telecontact che continua a portare risultati positivi alla capogruppo».
E c’è ancora qualcosa che non quadra, secondo i sindacalisti, sull’operazione di aggregazione appena annunciata tramite pec ai dipendenti: «Non soddisfatta dei milioni di euro che il governo ha investito - proseguono i rappresentanti di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Ui - la dirigenza Tim ha presentato una domanda a un bando ministeriale (decreto ex Ilva) per attingere a ulteriori incentivi per svendere Telecontact center a Dna s.r.l. che è complementare all’avvio della procedura di cessione di ramo d’azienda appena avviata. Il gruppo Tim ha già dato dimostrazione di perseguire un miglioramento dei risultati di bilancio e di gestione dei costi ricorrendo anche a riduzioni di salario attraverso il contratto di solidarietà e diverse uscite pensionistiche e incentivate che hanno abbattuto il costo del lavoro, a questo vanno aggiunti i milioni di euro che ha fatto confluire in Tim il governo».
Quindi all’amministratore delegato di Tim, Pietro Labriola, viene chiesto dai lavoratori perché «persiste a vendere a pezzi tutto il perimetro aziendale senza un motivo che giustifichi questo modus operandi, in aggiunta al fatto che persiste a dare lavoro in appalto a customer care esterni al gruppo? Potrebbe serenamente far gestire il lavoro al proprio interno e a Telecontact stessa, come ormai succede da più di 20 anni».
A questo punto i sindacati chiedono: «Qual è la verità? Quale sarà il futuro di questa azienda che ha sempre portato soldi alla capogruppo? Quale sarà il futuro di quasi 1.600 lavoratrici e lavoratori di Telecontact?».
E ricordano che casi simili in passato «hanno già visto altre grandi aziende delle telecomunicazioni - Fastweb, Vodafone, Wind - ricorrere alle cessioni dei rami di customer care, con esiti giudiziari sfavorevoli e pesanti ricadute occupazionali». Adesso Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil annunciano l’apertura immediata delle procedure di raffreddamento «in vista della proclamazione dello sciopero, per difendere i lavoratori coinvolti e contrastare, con ogni strumento disponibile, una decisione nefasta per il futuro occupazionale e industriale del gruppo».