l'audizione
Strage di via D’Amelio, Caselli: «Borsellino pericoloso per Cosa Nostra, ma non per mafia-appalti»
L’ex procuratore di Palermo davanti alla Commissione antimafia: «Accelerazione improvvisa decisa da Riina»
Non ci sono dubbi, ha spiegato Gian Carlo Caselli davanti alla Commissione parlamentare antimafia: Paolo Borsellino era considerato da Cosa Nostra un nemico troppo pericoloso per essere lasciato in vita. La sua eliminazione, dunque, non fu un passo improvvisato, ma una decisione maturata con urgenza, tanto da spingere Totò Riina a cambiare i piani e ordinare a Giovanni Brusca di sospendere l’attentato contro l’ex ministro Mannino per concentrare tutte le energie sull’uccisione del magistrato.
Caselli ha chiarito che non si può attribuire al dossier “mafia-appalti” la causa diretta di questa accelerazione. Certo, Borsellino aveva mostrato interesse per quel rapporto, ricevuto a Marsala, ma non lo aveva posto al centro delle sue indagini. Eppure resta un mistero: quel documento non compare tra gli atti repertati dopo la sua morte, un’assenza che continua a sollevare interrogativi.
La domanda che rimane aperta è quale evento abbia spinto Riina a dare quell’ordine improvviso. Caselli non offre certezze, ma indica un possibile indizio: l’intervento di Borsellino a Casa Professa, un momento pubblico e inatteso che potrebbe aver rafforzato la percezione di urgenza da parte dei vertici mafiosi.
Il racconto dell’ex procuratore restituisce l’immagine di un magistrato che, dopo la strage di Capaci, non si era fermato. Cercava risposte, indagava, e proprio per questo era diventato un bersaglio ancora più ingombrante. La sua figura emerge come quella di un uomo che, pur consapevole del rischio, non arretrò mai, e che proprio per questa determinazione fu percepito da Cosa Nostra come una minaccia da eliminare senza esitazioni.