I verbali
La mafia che "balla", il pentito Cerbo "Scarface": «Io, Mazzei e le discoteche»
Ecco cosa ha raccontato il collaboratore ai magistrati della Dda di Milano.
La mafia che balla. Catania è una delle città dove i clan i piedi in pista li hanno messi da diverso tempo. Una fotografia, seppur non recentissima, l'ha fatta ai pm della Dda di Milano William Cerbo – meglio noto alle falde dell'Etna con il nomignolo di “Scarface” – che è diventato collaboratore di giustizia appena un mese fa. E ha riempito già quattro verbali che sono stati depositati, con ampi omissis, al processo Hydra sull'ipotesi delle mafie federate per fare affari illeciti in Lombardia.
«Io e Nuccio Mazzei gestivamo delle discoteche a Catania e dei lidi balneari», ha spiegato Cerbo ai magistrati riferendosi all'indagine che ha portato a una condanna definitiva per associazione mafiosa. Il collaboratore ha inteso però fare delle precisazioni sul coinvolgimento del boss nei locali che ha gestito più di dieci anni fa. «Nel senso che nella discoteca Boh non c’entrava niente Mazzei, mentre nell’apertura del 69 Lune il mio socio occulto era lui».
Cerbo cerca di essere più preciso. Anche a livello di date: «Già dal 2011 cominciamo a svolgere attività in queste discoteche. Le discoteche a Catania - dice - sono un inferno. Specialmente questa (il Boh) era una delle discoteca che andava di più, quindi quando siamo cominciati a diventare grandi nelle discoteche mio padre voleva tenere l’ordine. L’ordine significa che non doveva entrare nessuno dei quartieri, ragazzi non puliti! Questo a Catania è impossibile! Perché vengono dieci, venti motorini e ti sparano come è successo! Io avendo il rapporto con Mazzei, mi sono occupato di questa pulizia e lui, Nuccio, mi mise la sua sicurezza davanti la porta, capitanata da suo cugino che si chiama: Turi il mostro».
I soldi sporchi, quindi, con la discoteca Boh come li faceva il clan? «Con i parcheggi e la sicurezza». Ma a un certo punto ci furono dei problemi con i Santapaola. «La discoteca era alla Stazione che era territorio degli Zucchero (Non Maurizio, ndr)». Gli Zucchero «ci fecero una specie di estorsione: volevano a tutti i costi i parcheggi che valevano 200-300 euro a sera. A Nuccio questa cosa non gli è stata bene: “la discoteca è di un carissimo amico mio, i parcheggi sono i nostri, la sicurezza è nostra”». Su questo nodo ci sarebbe stata pure «una riunione» risolutiva.