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GUARDIA DI FINANZA

Messina, due imprenditori agli arresti domiciliari per caporalato: «condizioni inique» ai lavoratori delle pompe di benzina

Sequestri per oltre 352mila euro scattati dopo la denuncia di un dipendente poi licenziato. I fatti sono avvenuti a Barcellona Pozzo di Gotto, fra buste paga "taroccate" e straordinari non pagati

Redazione La Sicilia

24 Ottobre 2025, 08:21

Messina, due imprenditori agli arresti domiciliari per caporalato: «condizioni inique» ai lavoratori delle pompe di benzina

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina hanno dato esecuzione, questa mattina, a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto nei confronti di due imprenditori, ritenuti responsabili del reato di sfruttamento del lavoro.

L’indagine ha delineato un quadro di gravi e sistematiche violazioni della normativa lavoristica, attribuite a due operatori economici del luogo attivi nella gestione di impianti di distribuzione di carburante, a danno di nove dipendenti addetti alle colonnine di erogazione. Alla luce di tali elementi, il gip, accogliendo le richieste della procura, ha disposto gli arresti domiciliari per entrambi gli indagati, nonché il sequestro delle somme presenti sui conti correnti intestati alla società fino alla concorrenza di oltre 352mila euro.

L’operazione trae origine dalla vicenda di un lavoratore con mansioni di “addetto alla distribuzione di carburante” che, dopo ripetute vessazioni da parte del datore di lavoro e il successivo licenziamento, si è rivolto alla Guardia di finanza per denunciare le condizioni inique cui lui e altri colleghi sarebbero stati sottoposti in una stazione di rifornimento. I successivi riscontri hanno permesso di circostanziare le denunce e di ipotizzare, sulla base degli indizi raccolti, il reato di caporalato, documentando numerosi episodi di sfruttamento: dall’applicazione di trattamenti retributivi difformi rispetto ai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative, alle reiterate violazioni delle norme su orario di lavoro e riposi.

Sarebbe emerso che gli imprenditori avrebbero imposto turni di otto ore giornaliere, indicando tuttavia in busta paga un monte ore di sei ore e quaranta minuti; omesso, o riconosciuto solo in parte, le maggiorazioni per straordinari diurni e notturni e le indennità per i festivi, oltre a tredicesima e quattordicesima, pretendendone in alcuni casi la restituzione in contanti dopo l’erogazione. L’attività investigativa ha inoltre evidenziato lo stato di bisogno dei dipendenti, costretti ad accettare condizioni precarie in assenza di altre fonti di reddito per il sostentamento familiare. Gli stessi sarebbero stati di frequente minacciati di licenziamento, ammoniti sulle presunte difficoltà di ottenere trattamenti migliori e invitati a valutare le dimissioni volontarie qualora non si adeguassero alle condizioni proposte.