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il processo

Faida tra Barrafranca e Regalbuto stanata sul nascere: la Dda di Caltanissetta chiede fino a 16 anni per i Bonfirraro

Con il blitz "Lua Mater" della polizia venne sequestrato l'arsenale di Cosa nostra ennese

Laura Mendola

15 Ottobre 2025, 18:36

21:56

Blitz Lua Meter

Blitz Lua Meter

Dopo aver stanato sul nascere una guerra di mafia tra le famiglie di Barrafranca e Regalbuto per la leadership criminale la procura antimafia di Caltanissetta presenta il suo conto ad alcuni imputati con il blitz “Lua Mater” condotto lo scorso anno dalla polizia. Un’indagine ampia su due fronti opposti della provincia di Enna: Barrafranca infatti è nella zona sud ed è stato il regno del boss Raffaele Bevilacqua, a Regalbuto invece c’è l’influenza dei Santapaola. Due famiglie diverse dal punto di vista criminale ed ora che c’è un vuoto in organico in Cosa nostra si erano armati di tutto punto.

La procura antimafia nissena sollecita le condanne a 16 anni di reclusione per Liborio Bonfirraro (65 anni), 10 anni e 4 mesi per la moglie Giovanna Falzone (60 anni), 10 anni e 8 mesi per il figlio Filippo Bonfirraro (35 anni) e 6 anni per Antonino Domenico Abbate (40 anni), fedelissimo di Bonfirraro senior. E lo fa la pm Piera Anzalone nel processo con rito abbreviato celebrato dinnanzi al giudice Santi Bologna. Alle richieste della procura si è associata anche l’Avvocatura dello Stato rappresentata da Giuseppe Laspina.

Secondo l’accusa i Bonfirraro avevano a disposizione un arsenale – ritrovato e sequestrato dai poliziotti del Sisco di Caltanissetta – che in qualunque momento poteva essere utilizzato. Tra le armi c’era anche un kalashnikov e armi comuni da guerra oltre a un considerevole quantitativo di munizioni. E “i ferri” – secondo la ricostruzione investigativa – venivano spostati frequentemente per evitare che le forze dell’ordine li trovassero e li sequestrassero. Ma gli imputati non sapevano di essere intercettati, così il covo delle armi è stato scoperto ugualmente nonostante le operazioni per sotterrare l’arsenale siano state compiute in piena notte.

A vario titolo si contestano i reati di associazione mafiosa (reato caduto in Riesame), detenzione e traffico di armi, estorsione oltre al controllo del territorio attraverso intimidazioni e violenze.

Secondo gli inquirenti, la famiglia Bonfirraro avrebbe avuto un ruolo chiave nella gestione delle armi. Liborio Bonfirraro non è nuovo alle cronache giudiziarie: già nel 2016 era stato coinvolto nell’operazione “Primavera”, che aveva colpito duramente il clan mafioso attivo a Pietraperzia. In seguito a quella inchiesta, Bonfirraro era stato condannato a 4 anni e 6 mesi per associazione mafiosa. Ora la parola passa ai difensori degli imputati.