Storie di coraggio
Quel no di Franca Viola sempre attuale: «Mi rapirono in 13. Io eroina per caso insieme a mio padre e a mio marito»
Ad Alcamo fu vittima di violenza da parte dell'ex fidanzato Filippo Melodia ma lei rifiutò il matrimonio riparatore

Franca Viola
«Di me e della mia storia è stato detto tutto, cos’altro vuole sapere?». Risponde così al telefono Franca Viola, senza quasi lasciare spazio ad altre domande, ma poi aggiunge: «Tante cose sono state scritte su di me, ma non tutte sono vere. Mio papà non mi portava con sé in campagna, per esempio e io, in aula, durante il processo, sarò entrata a malapena 5 minuti. Quelli necessari per confermare le dichiarazioni già messe a verbale durante la denuncia». Di quello che successe ad Alcamo la mattina del 26 dicembre 1965, «meno ne parlo, meglio è», dice con la voce quasi rotta, testimonianza di una ferita ancora aperta, a distanza di 60 anni.
In un momento storico in cui il dibattito sulla violenza di genere non smette di animare la società e di riempire le pagine dei giornali, la storia di Franca Viola si rivela, tuttora, di un’importanza urgente. Il suo rapimento segnò lo spartiacque decisivo per i diritti delle donne, fino a quel momento proprietà dell’uomo, espressione di una società patriarcale ben radicata in tutta Italia, più che mai nella nostra isola.
Protagonista inconsapevole di quella che all’inizio sembrò la classica “fuitina”, Franca, tutt’altro che complice di un disegno d’amore, fu vittima di maltrattamenti e abusi da parte del suo rapitore, l’ex fidanzato Filippo Melodia, intenzionato ad ottenere, con la violenza, quello che gli era stato negato a parole.
«Purtroppo non ho studiato - racconta Franca - ma per fare quello che ho fatto non ci voleva la scuola, solo il coraggio di rispondere no».
Fu quel no al padre che riscrisse le sorti di tutte le donne: «Tu che ne pensi? - le chiese il papà - Lo vuoi sposare?». Franca disse: «No». «Un no non soltanto al matrimonio con Filippo Melodia - scriverà Montanelli sul Corriere della Sera -, ma a un sistema di rapporti basato sulla sopraffazione del maschio sulla femmina, che fa da pilastro alla società».
Una società ancora troppo maschilista, dimostrano i dati sui femminicidi, che, ancora oggi, nel 2025, vive spesso il rifiuto da parte di una donna come un torto intollerabile. Lo stesso subito da Melodia che, dopo essere stato lasciato, non può accettare che Franca, la femmina più bella del paese, non stia con lui, con o senza la sua volontà.
«Un ragazzo, se voleva una ragazza se la prendeva - dice Franca - la legge era dalla sua parte».
La norma, infatti, inquadrava la violenza sessuale come delitto contro la moralità e non contro la persona, a tutela del solo buon costume e non della vittima, ancorché minorenne. In virtù dell’art. 544 del vecchio Codice penale, che, sulla violenza ai danni di minori, recitava: «il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato medesimo».
Franca Viola, Filippo Melodia
Ciononostante, Franca, che all’epoca ha appena 17 anni, compie un gesto inedito e potente: disobbedendo ad una prassi consolidata, rifiuta il matrimonio riparatore. Denuncia tutto ai carabinieri e si costituisce parte civile insieme al padre, che si fa pioniere della battaglia della figlia con coraggio e dignità, finendo per scrivere, con lei, una pagina indimenticabile di storia. «Il vero protagonista di quel processo fu mio papà - racconta - è stato lui ad assistere. Quell’aula per me era la tana dei lupi, in gabbia c’erano tutti e 13 i miei rapitori, non li ho neanche guardati. Chiunque lì dentro aveva un parente, un amico o un fidanzato coinvolto e ognuno, per evitare loro la condanna, aveva interesse che io dicessi sì».
Bernardo Viola, padre di Franca
Prima di lei nessuna donna “disonorata” aveva mai rifiutato il matrimonio riparatore. Perché? «Per paura - risponde lei, felicemente sposata con Giuseppe Ruisi, vero amore della sua vita - nessuno aveva a fianco la famiglia che avevo io. Sono stata aiutata da due uomini coraggiosi: mio padre, che ha scelto di non lavare il mio onore col sangue - come prevedeva il delitto d’onore al vecchio art. 587 del Codice penale – e mio marito, che ha sfidato la morte dopo le intimidazioni della famiglia Melodia. Gli avevo detto che sarebbe stata dura ma lui fu più impavido di me».
A volte ci si rende autori inconsapevoli di gesti eroici, dettati dall’istinto, da un sentire che ci costringe ad assecondarlo. In questo caso un senso di giustizia che, tuttavia, da privato e personale, si è fatto presto collettivo, tanto da diventare patrimonio imprescindibile per intere generazioni di donne. Da quel no di Franca Viola scaturì una rivoluzione sociale e legislativa e, grazie a lei, si aprì il dibattito sulla violenza di genere che costrinse la politica a ridiscutere gli articoli sul matrimonio riparatore e il delitto d’onore. Bisognerà attendere oltre un decennio, tuttavia, prima della loro abrogazione, avvenuta solo nel 1981. Una tappa cruciale per l’emancipazione femminile, figlia anzitutto di un atto d’amore di Franca Viola verso sé stessa.
E anche se il copione di quegli anni sembra datato, purtroppo è più attuale che mai. Così come la prepotenza di chi, proprio come nel 1965, considera la moglie, la compagna o la fidanzata un oggetto di sua proprietà. L’indifferenza della società e la solitudine di chi denuncia, invece, sono cambiate: “Allora sono stata sola ma oggi tutte le ragazze dicono: Io farei come Franca”.