La mafia ha smesso di uccidere? Il Procuratore di Palermo svela il cambiamento del volto criminale
A Palermo, una verità scomoda: la mafia non spara più, ma ha affinato un esercito di violenze meno letali e più insidiose

Un silenzio assordante avvolge una scena che si ripete con crescente frequenza: non più pistole, ma bastoni. Non più spari che spengono vite, ma pestaggi sistemici che lasciano cicatrici profonde. È in questo quadro che Maurizio De Lucia, procuratore capo di Palermo, ha aperto la sua riflessione alla Festa dell’Unità, a Villa Filippina, scuotendo un’intera platea con una verità inquietante: “La mafia non uccide ma ha imparato a picchiare.”
La nuova strategia mafiosa: violenza più silenziosa, ma altrettanto devastante
Un tempo, la storia di Cosa nostra era scritta a colpi di mitra, con omicidi che scuotevano l’Italia intera. Oggi quella violenza brutale è meno evidente, sostituita da una tattica capillare e metodica che usa la forza fisica in modo meno letale, ma altrettanto intimidatorio. I bastoni, ha spiegato De Lucia, sono meno intercettabili rispetto alle pistole, rendendo più difficile agli investigatori dimostrare il collegamento diretto con i clan. Una strategia di controllo più subdola, che fa sembrare i pestaggi come episodi isolati, mentre in realtà costituiscono una pressione costante per imporre il silenzio e il potere.
La richiesta del pizzo non è sparita; si è trasformata. La mafia non abbandona le sue fonti di guadagno come il racket, ma ha rivisto i metodi, sostituendo l’omicidio con la violenza fisica a basso profilo. L’obiettivo è controllare senza attirare l’attenzione e con meno rischi per i capi.
Un clan in mutamento: dagli errori al traffico di droga e alle alleanze internazionali
Secondo il procuratore, gli anni sanguinosi degli ’80 e ’90, con esecuzioni e sangue, sono oggi superati. I clan hanno pagato un prezzo alto affidandosi al modello di Corleone, e ora tentano di riorganizzarsi. La nuova frontiera è il traffico di droga, che li mette in relazione con le mafie sudamericane, una rete criminale globale che fa della Sicilia un nodo strategico nel mercato illegale.
De Lucia ha sottolineato che questo cambiamento rende la lotta alla mafia più complessa: il nemico non è più solo un gruppo che usa la violenza estrema, ma un sistema che si adatta, si nasconde e sfrutta nuovi canali per mantenere il potere.
Una chiamata all’azione: la priorità della lotta alla mafia
Nel dibattito a Villa Filippina, organizzato dal Partito Democratico, De Lucia ha ribadito la necessità di mettere la lotta contro la mafia al centro delle agende politiche e sociali. Solo un impegno collettivo, che coinvolga istituzioni, cittadini e forze dell’ordine, può arginare questa evoluzione criminale.
Oltre agli interventi su come contrastare i pestaggi sistemici, si è discusso anche di come rompere il muro di omertà che ancora oggi permette a Cosa nostra di agire impunemente, e delle iniziative culturali e sociali come la presentazione del libro “Mafia e Pizzo. Pagare non paga”, che invitano a non arrendersi alla paura.