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il filosofo alfonso maurizio iacono

"Trovare una uscita che porti dalla caverna della rassegnazione alla voglia di cambiare"

"I prigionieri della caverna di Platone sembrano la perfetta descrizione di quel senso comune così diffuso tra gli agrigentini"

Lorenzo Rosso

24 Ottobre 2025, 18:58

"Trovare una uscita che porti dalla caverna della rassegnazione alla voglia di cambiare"

«Agrigento deve cercare, e trovare, un’uscita che la porti, dalla caverna della rassegnazione, alla voglia di cambiare». Parola del filosofo agrigentino Alfonso Maurizio Iacono, già preside della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa e direttore scientifico di “Sphairos” un progetto inserito nel programma di Agrigento Capitale, che nei prossimi giorni darà vita ad un vero e proprio Festival con tanto di eventi di filosofia, arte e spettacolo.

Dal 28 al 31 ottobre, studenti e appassionati potranno partecipare a laboratori, lectio magistralis e spettacoli ispirati al mito della caverna di Platone. Tra gli ospiti anche il filosofo Massimo Cacciari che interverrà sul tema “Gli antichi e noi” con una sua lectio, il 29 ottobre al teatro Pirandello. Il programma si aprirà con un’attività nei Licei della città, tra drammatizzazioni e dibattiti. All’iniziativa hanno aderito studenti e docenti del Liceo classico Empedocle, del Liceo scientifico Leonardo e del Liceo scientifico Politi e l’iniziativa nel complesso, si conferma come un’occasione unica per riflettere sul pensiero critico grazie alla collaborazione tra scuole, istituzioni culturali e personalità del mondo filosofico e artistico.

«Dibatteremo sul tema dell’attualità della caverna platonica nell’epoca dei social – spiega Alfonso Maurizio Iacono -. Un’epoca in cui la caverna non si trova necessariamente al buio, perché si può essere come i prigionieri incatenati che scambiano le ombre per la realtà anche in un mondo pieno di luce. Il prigioniero liberato quando torna nella caverna viene deriso e minacciato di morte. Perché? Perché i prigionieri ancora incatenati sono talmente abituati alle catene che non vogliono credere in un mondo senza catene. È il problema, anche politico, del rapporto piuttosto complesso e carico di tensione tra filosofia e senso comune, tra il bisogno di liberarsi da valori comuni che danno sicurezza ma che poi alla fine rendono prigionieri e il bisogno di rimanere dentro valori condivisi che danno sì sicurezza, ma che spesso diventano pregiudizi nei confronti di chi ha altri valori.

Il mito platonico della caverna ritorna di continuo nella letteratura, nel cinema – continua Alfonso Maurizio Iacono -. È un racconto che coglie qualcosa che è dentro di noi: guardare senza vedere, attaccamento alle apparenze ingannevoli, assuefazione a non pensare con la propria testa, bisogno di sicurezza fino al punto di non voler cambiare status nonostante questo sia la condizione di prigionia. Ma è anche la possibilità di pensare che un altro mondo è possibile e nello stesso tempo la difficoltà di trasmettere e comunicare questa possibilità. I prigionieri della caverna di Platone sembrano la perfetta descrizione di quel senso comune così diffuso anche tra gli agrigentini che si può sintetizzare con il famoso detto “munnu è e munnu a statu”. Il prigioniero liberato indica una via d’uscita ma i suoi compagni non gli credono e preferiscono restare così come sono. Dovremmo invece andare a vedere cosa c’è fuori dalla caverna e quale caverna alberga dentro di noi. La filosofia ha origine dalla meraviglia ma non deve rimanere stupore passivo; deve trasformarsi in azione pratica senza che vengano date deleghe in bianco a chi ha il potere. Forse Agrigento – conclude Alfonso Maurizio Iacono - deve cercare e trovare quest’uscita che la porti, dalla caverna della rassegnazione, alla voglia di cambiare».